nel cuore delle langhe
dolci

Dolci e Pasticceria tradizionale di Langa

Torta di Nocciole  

torta di nocciola

E’ un prodotto langarolo dove la coltivazione delle nocciole e più forte.
Era il famoso dolce che le nonne preparavano in casa per la gioia dei nipotini. La produzione, poi, è stata fatta propria dai panettieri che, oggi, sono gli artefici di queste torte.  La torta di nocciole è un prodotto tipico delle Langhe. Essa presenta una pezzatura di gr 500-700, una forma rotonda, un colore marroncino ed il sapore delle nocciole.

Per preparare l’impasto occorrono g 750 di burro, g 620 di zucchero, g 300 di uova, g 170 di tuorli, g 300 di farina di nocciole grezze, g 250 di fecola, g 330 di farina “0” e vaniglia.
Si lavora il burro e lo zucchero in planetaria e si aggiungono, lentamente, le uova ed i tuorli miscelati.
Quando il tutto sarà ben amalgamato, si otterrà un impasto omogeneo e spumoso, dove si devono incorporare, sempre lentamente, la fecola, la farina “0”, la farina di nocciole e la vaniglia.
Si mette l’impasto ottenuto in tortiere imburrate, riempiendo per circa 2 cm. Volendo si può infornare così e, una volta cotta, si spolvera con zucchero a velo. Oppure, prima di mettere in forno si può guarnire la superficie della torta con delle nocciole spolverando con zucchero semolato.

Praline al rhum
lamorresi
Storicamente, le Praline al Rhum sono state prodotte a Dronero, verso la fine dell’Ottocento, da un pasticcere che le chiamò “Droneresi al rhum”. Questi cioccolatini ebbero un grande successo e pasticceri di altre località iniziarono ad imitarli e, seguendo l’esempio del primo inventore vennero chiamati normalmente con il nome della località in cui erano stati prodotti.
Si può affermare che attualmente le praline al rhum più conosciute, non solo in Piemonte ma anche a livello nazionale, siano i “Cuneesi”.
Esse hanno mantenuto le caratteristiche di un tempo: una piccola porzione di crema al rhum in un foglio di meringa rivestito da una sottile pellicola di cioccolato fondente; presentano una forma rotonda, un colore marrone scuro ed una pezzatura di 15-20 grammi.
Alcuni studiosi indicano con il termine generico “Praline” prodotti quali i “Cuneesi”, i “Monregalesi”, gli “Albesi”…
Alcuni storici attribuiscono ai maestri cioccolatieri torinesi, che per primi lavorarono il cioccolato in Europa, il merito di aver scoperto l’arte della pralineria raccogliendo dalla Francia l’eredità della pasticceria “mignon”. La tradizione narra che la prima pralina sia stata inventata, per caso, da un garzone “patissier”: per mascherare un difetto di caramellatura della mandorla, il giovane pasticcere avrebbe portato in tavola dei dolcetti ricoperti di cioccolato fondente, specialità da allora passata alla storia con il nome di “pralina”.

Salame del Papa
salame del papa
Un’altra golosità locale è il salame del Papa o mattone; per prepararlo è necessario far ammorbidire due etti di burro, quindi impastarlo con
due etti di cacao dolce, un etto di cacao amaro, due etti di biscotti secchi sbriciolati, un uovo intero e un tuorlo, due etti di nocciole tostate e tritate, due cucchiaini di liquore dolce all’arancia.
L’impasto va foggiato a forma di salame e, ben avvolto in carta oleata o pellicola, lasciato riposare in frigo per dodici ore.
Il dolce va servito a temperatura ambiente, tagliato a fettine di un centimetro e accompagnato da Marsala secco.

Paste di Meliga
pasta di meliga
Le Paste di Meliga sono biscotti tipici delle vallate cuneesi e di altre zone del Piemonte. La “Meliga” in Piemontese è il mais.
Presentano una pezzatura di 10-12 grammi, un colore dorato, una consistenza croccante, un sapore dolce ed una forma variabile a seconda della tradizione locale.

Per preparare le Paste di Meliga occorrono: 1 kg di farina di frumento, 0,500 kg di farina di mais (meliga fumetto), 1 kg di burro, 0.700 kg di zucchero, 5 uova intere, 10 g di sale, 1 scorza di limone grattugiata ed una bustina di lievito chimico.
Per la preparazione del prodotto, si incorporano bene il burro, lo zucchero con le uova, il sale e la scorza di un limone. Si setaccia la farina con il lievito, si impasta brevemente il tutto e si fa riposare una decina di minuti in luogo fresco.
Si inserisce l’impasto nell’apposita siringa con il disco a stella e si formano degli anelli del diametro esterno di circa 5 centimetri.
Le Paste di Meliga vengono cotte su apposite teglie a forno moderato.
Nella zona di Barge, assumono la denominazione “Batiaje”; questi dolci prodotti con farina di mais erano, un tempo, offerti durante la festa del battesimo. “Fè batiè”, in piemontese, indicava, appunto, festeggiare il nascituro.

Brût e Bon
brut e bun
I Brût e Bon chiamati anche “Brût ma Bon”, in italiano “Brutti e/ma Buoni” sono pasticcini secchi, di forma irregolare. Gli ingredienti, che parzialmente variano da zona a zona, sono mandorle e/o nocciole, zucchero semolato, albume d’uovo e vaniglia. Si possono anche produrre pasticcini aromatizzati alla cannella e/o ricoperti di cioccolato.

Per la preparazione di questi biscotti, occorre montare albume e zucchero, aggiungere le nocciole e/o le mandorle tostate in granella (o spezzettate con il matterello) e vaniglia. Il miscuglio ottenuto si passa in tegame a fuoco lento rimescolando fino ad ebollizione. Quindi, con un cucchiaio di legno si preparano dei mucchietti di impasto di forma irregolare su una carta oleata e si cuociono in forno lento a 160°C per circa venti minuti. I biscotti ottenuti possono essere conservati per alcuni mesi, se mantenuti ad una temperatura inferiore a 20°C.

Bunèt / Bonèt
bonet
Sull’origine delle parola “Bonèt” si sono succedute, nel tempo, numerose versioni.
Il termine “Bonèt” in piemontese significa cappello/berretto e, secondo il dizionario Piemontese/Italiano di Vittorio Sant’Albino del 1859, tale dolce porta il nome di “Bonèt” perché questo è il nome che in piemontese è dato allo stampo di rame e di alluminio nel quale è cotto, che imita in realtà un cappello da cucina (bonet ’d cusin-a). L’ipotesi più curiosa e più accreditata nelle Langhe, lascia intendere che il dolce sia stato chiamato così perché veniva servito alla fine del pasto, come cappello a tutto ciò che si era mangiato. Infatti, prima di uscire di casa o da un locale chiuso, dopo essersi vestiti, si indossava, come ultimo indumento, il bonèt e, quindi, per similitudine il dolce posto a chiosa del pasto prese questo nome.

Per preparare il “Bonèt” occorrono: 4 uova, 6 cucchiai di zucchero semolato, mezzo litro di latte, 50 grammi di amaretti sbricciolati, 2 cucchiai di cacao amaro in polvere, 2 cucchiai di rhum.
Dopo aver sbattuto le uova in una terrina, si uniscono 4 cucchiai di zucchero, il cacao, gli amaretti finemente sbriciolati con le mani, il rhum ed il latte. Amalgamato il tutto con l’aiuto di una frusta, si prepara il caramello.
Si scaldano 2 cucchiai di zucchero in un pentolino fino a che divenga di colore biondo- nocciola, si spruzza un po’ d’acqua facendo diventare lo zucchero filante e si mescola girando il piccolo tegame sulla fiamma viva. Si versa il caramello così ottenuto in uno stampo, che è stato tenuto al caldo per facilitarne lo scorrimento, in modo che veli il fondo e le pareti.
Raffreddato il caramello, si versa il composto nello stampo e si cuoce nel forno, precedentemente riscaldato a 180°C, a bagnomaria per 45 minuti circa. Quando il composto è ben rappreso, si lascia raffreddare lo stampo e, poi, lo si pone, prima di servirlo capovolto in un piatto da portata, in frigorifero per 2/3 ore.
La ricetta può subire, a seconda delle zone del Piemonte, alcune variazioni; possono, infatti, essere aggiunte nocciole delle varietà “Tonda Gentile delle Langhe”, del caffè oppure, invece del rhum del cognac.

Panna Cotta
panna cotta
La “Panna Cotta”, dolce al cucchiaio, è un dolce della tradizione piemontese ed è una sorta di delicato budino bianco ricoperto di zucchero caramellato.
Si narra che la “Panna Cotta” sia originaria delle Langhe ove sarebbe stata inventata da una signora di origine ungherese, agli inizi del Novecento.
E’, da sempre, considerata un dessert al cucchiaio della tradizione culinaria piemontese.

Per la sua preparazione occorrono mezzo litro di panna liquida, un terzo di litro di latte intero, 200 grammi di zucchero a velo vanigliato, 3 fogli di colla di pesce, un bicchierino di rhum e mezzo bicchiere di marsala.
Si scalda in una casseruola il latte e si scioglie la colla di pesce. Contemporaneamente, in un altro tegame, si porta, sempre mescolando, la panna e lo zucchero quasi a bollore. Si uniscono i miscugli contenuti nei due tegami e si aggiunge il rhum ed il marsala. Si versa, infine, il composto in uno stampo rettangolare da plumcake, precedentemente caramellato e si pone a rassodare, in frigorifero, per almeno tre ore.

Zabaione
zabaione
Lo zabaione è un dolce tipico piemontese. Il nome (sambajon) deriva dal santo Giovanni di Baylon, protettore dei pasticcieri torinesi, in cui onore venne creato nel diciassettesimo secolo. Si ottiene sbattendo con una frusta da cucina tuorli d’uovo e zucchero fino ad ottenere una crema liscia ed omogenea, quindi si aggiunge del vino Moscato o del Barolo Chinato (oppure del Marsala, del Porto o del Madera), quindi si pone sul fuoco molto dolce o a bagnomaria. Si continua a mescolare per evitare che lo zabaione impazzisca, fino a ottenere un composto soffice e spumoso. A questo punto si versa il dolce nelle coppe dove potrà essere consumato sia caldo sia freddo.

Cognà
cognà
La cognà è una salsa antica come le Langhe, che esalta i sapori “antichi”, prelibato accompagnamento di bollito e formaggi. La ricetta tradizionale prevede l’uso del mosto ricavato pigiando due chili di uve Dolcetto, a cui vengono uniti un chilo di pere martine (piccole e profumatissime), due mele renette, due mele cotogne, 250 grammi di fichi freschi, 300 grammi di nocciole tostate e tritate, un pugno di scorze di arance e di limoni, cinque chiodi di garofano, un pizzico di connella.
Il composto deve essere fatto bollire lentamente per parecchie ore (di solito 4 o 5), fino a quando non avrà raggiunto la consistenza di uno sciroppo denso, al quale le uve Dolcetto avranno conferito uno straordinario color granato scuro. Si può conservare in barattoli di vetro da confetture, oppure, come facevano le nonne, in un recipiente di terracotta ricoperto da carta oleata.

Torrone friabile alla nocciola
torrone
Nel torrone friabile alla nocciola devono essere impiegate queste materie prime, rispettandone i requisiti e le quantità in percentuale. Gli ingredienti principali sono:
A) Nocciola Piemonte Utilizzo di nocciola “Tonda e Gentile delle Langhe”, prodotta nel territorio del Piemonte, tostata, da utilizzare in quantità non inferiore al 50% del peso totale del prodotto. La nocciola utilizzata nei processi di trasformazione deve essere quella dell’ultimo raccolto, desumibile dal lotto di produzione.
B) Miele Il miele deve essere di fiori d’acacia o mille fiori, preferibilmente di origine piemontese, in quantità non inferiore al 20% del peso totale del prodotto. La provenienza strettamente piemontese non può essere un vincolo per non incorrere nella carenza del prodotto, dovuto alle conseguenze di diversi fattori climatici, come quello recente della elevata mortalità delle api.
C) Zuccheri Sono ammesse ai sensi dell’art. 1 della legge 31/3/’80, n. 139 le seguenti tipologie di 24 zuccheri: sono esclusi i dolcificanti e gli edulcoranti sintetici ed artificiali.
D) Aromi. E’ ammesso l’uso secondo la legislazione vigente


 
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